Qualche giorno fa è apparsa sui media la notizia che l’Arabia Saudita sta progettando la costruzione della smart city del futuro.
Si chiamerà NEOM e “sarà alimentata esclusivamente da sole e vento, sarà intelligente e automatizzata. (…) Il faraonico progetto è stato presentato in occasione del forum “Future investment initiative” dal principe Mohammed Bin Salman che ha descritto il cuore dell’iniziativa come un avanzato hub industriale e commerciale, dedicato a energia, acqua, biotecnologie, intelligenza artificiale, alimentazione e intrattenimento“.
I piani dell’Arabia Saudita “prevedono che NEOM venga realizzata entro il 2030, alimentandola interamente attraverso le fonti rinnovabili; sarà dotata di sistemi di trasporto a guida automatica e droni, offrendo gratuitamente, su tutto il territorio, una connessione internet wifi ad alta velocità. Tutti i servizi e processi saranno completamente automatizzati, con l’obiettivo di diventare la destinazione più efficiente del mondo”.
Di questi tempi non c’è concetto più in auge di quello che si rifà alla parola smart: tutto deve essere smart, sinonimo di futuro, di interconnesso, di efficiente e di portatore di benessere e alta qualità della vita per l’uomo.
Ma cosa si intende, tecnicamente, per smart city?
Se dovessimo ricercare una definizione, potremmo probabilmente qualificare una città come smart:
- se possiede una strategia di pianificazione urbanistica tesa all’ottimizzazione e all’innovazione dei servizi pubblici, tale da mettere in relazione le infrastrutture materiali delle città con il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita;
- se utilizza in modo diffuso le nuove tecnologie della comunicazione, della mobilità, dell’ambiente e dell’efficienza energetica, al fine di migliorare la qualità della vita e soddisfare le esigenze di cittadini, imprese e istituzioni;
- se realizza progetti finalizzati alla sostenibilità;
- se investe in misure ecologiche sia di controllo sia di risparmio energetico.
Le città smart dovranno essere in grado di assicurare uno sviluppo economico sostenibile e un’alta qualità della vita, una gestione sapiente delle risorse naturali, attraverso l’impegno e l’azione partecipativa di tutte le sue componente sociali.
Per raggiungere tale risultato si dovrà fare massivo utilizzo delle nuove tecnologie e, in primo luogo, di reti di sensori wireless che, creando una rete di nodi di sensori intelligenti (smart grid), potranno misurare molteplici parametri e suggerire le azioni più opportune per una gestione sempre più efficiente della città.
L’enorme flusso di dati gestiti dai sensori sarà, inoltre, ulteriormente implementato dagli stessi cittadini (ad esempio, tramite segnalazioni di malfunzionamenti oppure tramite le modalità con cui usufruiranno dei servizi) che, collegando i loro dispositivi alla rete della città, permetteranno agli sviluppatori di migliorare costantemente l’efficienza dei servizi erogati, anche in un’ottica predittiva (pensiamo, ad esempio, alla gestione della pianificazione della manutenzione delle reti e delle infrastrutture).
Le smart grid, unitamente al flusso di dati proveniente da ogni fonte informativa cittadina, umana e/o tecnologica, creano le condizioni per permettere ad una città di fare un significativo passo in avanti, migliorando effettivamente la qualità della vita dei suoi abitanti.
Se questo è il futuro, ho l’impressione che gli amministratori delle nostre città non se ne siano granché accorti.
Un rapporto presentato nel mese di ottobre 2017 da FPA (Forum PA, società del Gruppo Digital360) attribuisce a Milano il ruolo di prima città smart italiana su 106 Comuni Capoluogo esaminati.
Questo pregevole risultato è il frutto dell’analisi di molteplici indici, tra i quali Milano si è distinta per:
- produttività;
- imprenditorialità;
- diffusione di banda ultra larga;
- co-working;
- diffusione dell’home banking;
- offerta di trasporto pubblico locale;
- diffusione di bike sharing.
A fronte del miglior piazzamento in queste categorie – molte delle quali appaiono, oggettivamente, ben distanti dal potersi considerare significative, alla luce del concetto di smart city sopra descritto – Milano si colloca, però, agli ultimi posti in relazione:
- al consumo del suolo (97esima);
- alla qualità dell’aria (98esima);
- alla legalità e alla sicurezza (83esima).
Se questi sono i risultati della migliore tra le città italiane, mi pare evidente che, per i nostri centri urbani, il futuro come smart city non è neppure iniziato.
D’altra parte, a Milano capita anche di assistere al fermo per sciopero dell’unica linea della metropolitana (la MM5) a guida interamente automatizzata; e questo accade, paradossalmente, anche quando i lavoratori assegnati alle altre linee, guidate da personale umano, continuano a lavorare nonostante la proclamazione dello sciopero.
Siamo, d’altra parte, il Paese della creatività e della fantasia, nel bene e nel male: gli algoritmi e le AI del futuro sono avvisate.