Nell’ambito dei contratti informatici, un ruolo particolare spetta ai contratti “point and click“, largamente utilizzati nel commercio elettronico.
Ognuno di noi ha avuto a che fare con questo tipo di contratti: l’utente manifesta la propria volontà negoziale compilando un modulo elettronico e cliccando sul cosiddettto tasto negoziale virtuale, cioè il pulsante o l’icona di accettazione.
Di norma, dato che le specifiche del prodotto o servizio che si acquista sono abbastanza dettagliate, l’offerta commerciale può essere, a tutti gli effetti, considerata un’offerta al pubblico ai sensi dell’art. 1336 c.c., con l’effetto che, il cliente, con la propria adesione all’offerta tramite la selezione del tasto negoziale, determina la conclusione del contratto, in base alle regole generali, nel momento in cui l’accettazione è registrata dal sistema.
Per garantire trasparenza al contratto “point and click“, l’art. 13 del D.lgs n. 70/2003 impone al venditore di inviare all’acquirente, tramite comunicazione telematica, la conferma dell’ordine on-line, nella quale dovranno essere specificati i seguenti elementi:
- le condizioni generali e particolari di vendita applicabili all’acquisto tramite contratto “point and click”;
- le informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio acquistato;
- l’indicazione dettagliata del prezzo;
- l’indicazione dei mezzi di pagamento;
- i termini per il diritto di recesso;
- i costi di consegna;
- l’incidenza delle imposte sul prezzo finale.
Se il meccanismo di conclusione del contratto “point and click” non crea problemi al consumatore, data la sua semplicità, chiarezza e praticità, chi si trova, però, nella condizione di predisporre un sito di e-commerce si scontra con molti dubbi ed incertezze in merito a ciò che il venditore può validamente pattuire con i propri clienti con questa tipologia contrattuale.
Il problema maggiore – ancora di dubbia soluzione – si verifica quando, nelle condizioni generali di contratto, sono comprese alcune clausole vessatorie che richiedono, pertanto, la specifica approvazione del consumatore ai sensi dell’art. 1341 c.c..
In base alla disciplina del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), nei casi in cui le scritture private richiedono, per legge, la forma scritta, queste devono essere sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale.
Tale modalità di sottoscrizione è senz’altro possibile nei contratti B2B, ma è molto meno praticabile nei contratti B2C perché è notorio che i consumatori, di norma, non dispongono di questi strumenti di firma.
Poiché, d’altra parte, imporre al consumatore di:
- stampare un modulo specifico con l’indicazione delle clausole vessatorie;
- procedere alla sua materiale sottoscrizione,;
- provvedere alla scansione del documento firmato ed all’invio del medesimo al venditore,
nella maggioranza dei casi, porterebbe alla rinuncia all’acquisto, molti operatori, comprensibilmente, accettano il rischio di vedersi contestare l’invalidità di queste clausole, pur di concludere la vendita.
Il mancato adeguamento della norme in tema di clausole vessatorie nelle vendite on-line – la norma di cui all’art. 1341 c.c. è, infatti, entrata in vigore ben prima dell’era di internet – crea un ingiustificato ed ingiusto rischio per tutti coloro che svolgono attività di e-commerce.
A ben vedere, nei contratti on-line è il concetto stesso di vessatorietà che andrebbe rivisitato alla luce delle differenti modalità di fruizione di determinati servizi.
Per ovviare al problema, alcuni siti web hanno previsto click separati per l’intero contratto e per l’approvazione delle singole clausole vessatorie: il rimedio prevede, infatti, una modalità di approvazione telematica speculare a quanto avviene nel mondo fisico, dove il consumatore appone più firme separate su di un foglio.
Un piccolo passo avanti sembra, infine, essere stato fatto con l’entrata in vigore, in data 14 settembre 2016, delle modifiche ed integrazioni al Codice dell’Amministrazione Digitale che hanno sancito il principio di “neutralità tecnologica” rispetto alla firma elettronica di un documento, semplificando, quindi, la sottoscrizione e la valenza probatoria dei contratti a distanza.
L’articolo 21, comma 1, CAD, nel nuovo testo, prevede ora che “il documento informatico cui è apposta una firma elettronica soddisfa il requisito della forma scritta e sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità”.
La nuova norma stabilisce, a differenza del passato, che l’utilizzo di una generica firma elettronica – quindi, non solo la firma elettronica avanzata, qualificata o digitale – soddisfa il requisito della forma scritta, agevolando gli operatori di e-commerce.
Questa modifica dovrebbe, quindi, rendere più agevole l’accettazione delle clausole vessatorie, dato che il nuovo testo del CAD, ammettendo qualsiasi firma elettronica, vi fa rientrare anche la modalità point and click che, soprattutto nella versione del doppio clik separato, dovrebbe (in assenza di pronunce giurisprudenziali recenti, il condizionale è d’obbligo) essere considerata idonea a soddisfare pienamente il requisito della forma scritta.