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Eccessi del remarketing

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Nel mondo dell’e-commerce tutte le aziende utilizzano, nel proprio piano di marketing, tecniche di remarketing.

L’obiettivo del remarketing è quello di riproporsi a utenti che hanno già visitato il sito in precedenza per aumentare la probabilità di convertirli oppure a clienti già acquisiti per stimolare un nuovo acquisto.

Il vantaggio di questa strategia commerciale è costituito dal fatto che il venditore si rivolge ad un gruppo specifico di persone che hanno già interagito con l’azienda e che, grazie a strumenti di direct email marketing (c.d. DEM) specificamente progettati, sono stati profilati perché hanno visitato lo shop on-line per comprare o semplicemente perché hanno lasciato i loro dati di contatto.

La strategie di remarketing più diffuse e di norma utilizzate sono:

  • email remarketing, è la forma di remarketing più diffusa ed utilizzata dalle aziende. Permette di generare inserzioni destinate a utenti già iscritti nelle liste dell’azienda, offrendo loro prodotti e/o servizi sulla base di interessi e di caratteristiche conosciute: in questo modo, l’azienda potrà inviare proposte in linea con i gusti del cliente, offrendo prodotti con caratteristiche che collimano con le sue esigenze;
  • Google Adwords e Facebook Advertising, consentono di far visualizzare gli annunci ai visitatori che in passato hanno già visitato un certo sito di e-commerce mentre navigano in altri siti o utilizzano altre app;
  • l’up-selling è finalizzato a vendere ad un cliente un prodotto qualitativamente migliore e più costoso di quello acquistato in precedenza;
  • il cross selling,  che punta a convincere il cliente ad acquistare prodotti correlati con quello acquistato.

Una delle aziende che sfrutta al meglio le funzionalità del remarketing è, come noto, Amazon: non appena un visitatore cerca sul sito di e-commerce un orologio, un libro o un qualunque oggetto, l’utente si ritrova quasi immancabilmente a vedere quell’oggetto sulla propria bacheca di Facebook, sul profilo Instagram, nelle app, nei banner pubblicitari, nelle email, etc..

Questo atteggiamento commerciale aggressivo è davvero producente?

Io trovo che induce, in molti casi, ad una reazione respingente.

Mi spiego con qualche esempio concreto tratto dalla mia esperienza personale:

  • se ho comprato 4 ebook su Amazon, che senso ha che mi venga chiesta una recensione del libro dopo solo due giorni dall’acquisto? O che mi vengano offerti altri dieci titoli a distanza di pochi giorni, prima ancora che abbia finito di leggerne uno?
  • se compro un tappetino per il mouse (mi è capitato proprio settimana scorsa), quale efficacia può avere inviarmi ben 3 email nella settimana successiva per offrirmi altri 30 modelli di tappetini per il mouse?
  • se acquisto oggi su Booking un soggiorno al mare che farò tra 4 mesi, non ha alcun senso ricevere nei mesi successivi, prima ancora di aver fatto il viaggio che ho comprato, ulteriori proposte, per la stessa località, sui banner delle app che ho installato sullo smartphone!
  • se ho acquistato un volo per visitare una località turistica, è assai improbabile che io ritorni nei mesi successivi nel medesimo luogo, a meno che non faccia il pendolare (ma, in quel caso, non ho bisogno della campagna di remarketing per acquistare un nuovo biglietto)!

In molti di questi casi, a mio avviso, il remarketing è eccessivo e molesto.

Il Regolamento UE 2016/679 (GDPR), di prossima entrata in vigore, dovrebbe impedire questi eccessi, fornendo una tutela più ampia ed efficace all’utente, dato che:

  • il considerando n. 32 prevede che “il consenso dovrebbe essere espresso mediante un atto positivo inequivocabile con il quale l’interessato manifesta l’intenzione libera, specifica, informata e inequivocabile di accettare il trattamento dei dati personali che lo riguardano (…). Ciò potrebbe comprendere la selezione di un’apposita casella in un sito web (…) Qualora il trattamento abbia più finalità, il consenso dovrebbe essere prestato per tutte queste“;
  • l’art. 7, comma 4, precisa che, “nel valutare se il consenso sia stato liberamente prestato, si tiene nella massima considerazione l’eventualità, tra le altre, che l’esecuzione di un contratto, compresa la prestazione di un servizio, sia condizionata alla prestazione del consenso al trattamento di dati personali non necessario all’esecuzione di tale contratto“;
  • le recenti linee guida del WP29 in materia di consenso (vedi il mio articolo “il consenso nel GDPR” ) chiariscono che non possono essere considerati validi i consensi rilasciati “in blocco” – cioè in situazioni in cui non è possibile scindere le singole finalità del trattamento –  quando alcuni di tali consensi non siano necessari all’esecuzione del contratto.

Sulla base di tali principi, in futuro dovrebbe risultare meno agevole imporre indiscriminatamente qualsivoglia tecnica di marketing e di remarketing mediante il rilascio di un unico consenso.

In ogni caso, il cliente di un sito di e-commerce potrà sempre ottenere, revocando il proprio consenso (anche attraverso la spunta dell’apposita casella di opt-out), di non essere oggetto di azioni di remarketing senza, per questo, temere di perdere la possibilità di usufruire del servizio principale offerto dal sito.