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Che cosa vogliono gli algoritmi?

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Oggi vi parlo di un libro che si occupa di algoritmi, appena terminato di leggere.

Il libro si intitola “Cosa vogliono gli algoritmi – L’immaginazione nell’era dei computer” ed il suo autore, Ed Finn, è il fondatore e direttore del Center for science and the imagination dell’Università dell’Arizona.

Tutti noi sappiamo – o, almeno, così ci viene detto – che gli algoritmi di Google maps ci aiutano a percorrere le strade delle nostre città, che quelli di Amazon ci aiutano a scegliere un libro, quelli di Spotify i brani di musica, quelli di Netflix i film preferiti, e così via.

In un certo senso, crediamo negli algoritmi un po’ come ad una magia moderna, senza comprenderli veramente ma intuendoli per il semplice fatto che constatiamo quotidianamente che funzionano e che sono in grado di dirci cosa ci piace e di risolvere i nostri problemi concreti.

Gli algoritmi che usiamo tutti i giorni utilizzano i nostri dati per descrivere la nostra realtà e organizzare il nostro mondo.

Ed Finn ci illustra come nascono gli algoritmi e come si insinuano nella nostra vita, declinandosi nelle più svariate funzioni, nonché i motivi per cui non dobbiamo né demonizzarli, né adorarli, ne aspettarci da loro la soluzione ad ogni nostro male: “possiamo scegliere di interpretare la figura dell’algoritmo come un dio da adorare, oppure possiamo scegliere di vedere un nuovo giocatore, un collaboratore e interlocutore nei nostri giochi culturali”.

Secondo l’Autore, i nostri algoritmi devono essere visti come una grande opportunità per l’uomo per avere al suo fianco un potente alleato, capace – non di sostituirlo ma – di aiutarlo, fornendogli sistemi altamente automatizzati in grado di definire rapidamente riferimenti incrociati e contestualizzare con facilità nuovi campi di ricerca, fornendoci la capacità di generare documenti di ricerca riccamente interconnessi in molteplici livelli e direzioni.

“Che cosa vogliono gli algoritmi” non è un libro che si legge tutto d’un fiato perché alcuni passaggi logici dello sviluppo argomentativo dell’autore, soprattutto nella prima parte, richiedono un certo sforzo di concentrazione ed anche conoscenze specialistiche del calcolo computazionale non facenti parte della cultura generale di ciascuno di noi (circostanza, questa, che mi ha impedito una reale comprensione di alcuni pensieri dell’autore).

Non è, quindi, il libro che vi suggerirei di leggere sotto l’ombrellone nelle prossime – e, spero per voi, imminenti – vacanze estive, ma lo consiglio perché è un libro con una robusta ed approfondita analisi della nostra quotidiana esperienza computazionale, con un messaggio positivo finale circa l’opportunità che l’umanità si trova davanti di ridefinire se stessa, la propria cultura e le proprie interazioni sociali con l’aiuto degli algoritmi.

Anche se potreste non capirlo interamente, è un libro in grado di arricchirvi culturalmente, offrendovi una visione diversa degli algoritmi, lontana dai comuni stereotipi sull’argomento.

Lo trovate in libreria, edito da Einaudi, oppure – è il caso di dirlo? – anche su Amazon

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