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The Great Hack

The Great Hack
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Una mia cliente mi ha suggerito di vedere The Great Hack, il recente documentario di Netflix che racconta lo scandalo della società di analisi di dati e comunicazione elettorale, Cambridge Analytica, scoppiato nel 2018.

Come noto, Cambridge Analytica aveva acquisito tramite Facebook dati personali di circa 50 milioni di utenti (poi saliti a circa 87 milioni), utilizzandoli illecitamente quale strumento per operare in varie campagne elettorali e politiche, senza alcuna autorizzazione degli interessati per questa finalità di trattamento. 

The Great Hack si focalizza principalmente sulle vicende che hanno portato alla vittoria di Donald Trump e del partito britannico Leave.EU nella battaglia elettorale che ha ci ha regalato la Brexit, ma il raggio di azione di Cambridge Analytica è stato molto più vasto ed ha coinvolto molti altri processi elettorali in svariati Paesi del mondo, attraverso la deliberata manipolazione – questa è la tesi di fondo del documentario – della democrazia come noi la conosciamo, dimostrandone la sua tragica fragilità, ormai alla mercè di chiunque possieda sufficienti dati sugli elettori di riferimento.

Mi ha impressionato, in particolare, la figura di Brittany Kaiser, “braccio armato” di Cambridge Analytica nella battaglia elettorale a sostegno di Trump, ma con un passato di attivista dei diritti umani e sostenitrice della campagna di Obama.

Un cambiamento di rotta, quello di Brittany Kaiser, davvero inspiegabile e solo in parte giustificato (?) dalle dichiarate impellenti necessità economiche della sua famiglia; cosa può spingere una persona con un passato a difesa dei diritti umani a sposare le sorti di una società dedita alla sistematica manipolazione del prossimo a favore del miglior offerente (politico)?

Io mi sono convinto che Brittany Kaiser, nel suo intimo, fosse affascinata e sedotta dalla facilità con cui Cambridge Analytica riusciva a manipolare il comportamento di tanta gente, alterando il risultato elettorale, all’insaputa degli stessi manipolati, che si illudevano di aver votato secondo coscienza ed in base al loro libero arbitrio.

Al di là del clamore suscitato dal coinvolgimento della campagna elettorale di Trump e dell’esito della Brexit, il caso Cambridge Analytica ha mostrato al mondo come sia facile manipolare il comportamento delle persone (e, dunque, orientarne le decisioni) sfruttando le informazioni che quelle stesse persone mettono in rete ogni giorno, in particolare tramite i social network.

Utilizzando una banale opzione concessa a quell’epoca (ma ora, non più!) da Facebook ai programmatori delle terze parti, Cambridge Analytica ha letteralmente (ed illecitamente!) indotto, a loro insaputa, migliaia di elettori indecisi a votare come desiderava il cliente del momento, bombardando queste persone con messaggi tanto tendenziosi quanto personalizzati, attraverso tutte le piattaforme utilizzate da queste stesse persone!

Il caso Cambridge Analytica dimostra che la rete è piena di falle e non è per nulla trasparente e che il modello di business dei big players del settore, basato sulla profilazione dell’utente, si presta a straordinari abusi.

Dopo aver visto The Great Hack, nessuno osi più dire, per favore, “a cosa serve questa privacy“: guardate il documentario su Cambridge Analytica e riflettete sul valore dei dati che immettete in rete ogni giorno e diffidate (in modo sano!) sulla genuinità dei messaggi che vi vengono proposti!

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