Questa settimana non voglio parlarvi di privacy ma del Regolamento UE 2020/1503 relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese, che è stato da poco pubblicato e che, nelle intenzioni, dovrebbe creare un sistema di regole minime comuni all’interno della UE in materia.
Come noto, il crowdfunding è una forma di finanza alternativa che, tramite piattaforme digitali aperte al pubblico, mette in collegamento i potenziali investitori con soggetti che hanno bisogno di fondi per un progetto specifico; si tratta, cioè, di una alternativa ai prestiti bancari, che ha trovato un mercato molto promettente soprattutto nel Regno Unito, ma che anche da noi sta riscuotendo i suoi piccoli successi.
Nell’Unione Europea, solo alcuni Paesi si sono dotati di una specifica disciplina del crowdfunding e, spesso, si tratta, comunque, di discipline frammentarie che interessano solo alcuni aspetti di questo fenomeno.
Il Regolamento UE 2020/1503 cerca, per la prima volta, di offrire alle piattaforme di crowdfunding dedicate alle imprese di avere un respiro europeo, consentendo loro di poter (potenzialmente) operare in tutti i Paesi UE, con il duplice obiettivo di:
a) ampliare il mercato accessibile alle piattaforme di crowdfunding;
b) garantire un minimo livello di tutela per gli investitori.
Occorre, comunque, ricordare che l‘oggetto del Regolamento UE sono i servizi di crowdfunding per la raccolta di fondi da parte di imprese; esulano, pertanto, da questa disciplina le raccolte di fondi tramite crowdfunding da parte di consumatori o aventi ad oggetto ricompense e/o donazioni.
Nel dettaglio, le principali caratteristiche del Regolamento UE 2020/1503 sono le seguenti:
- un tetto massimo di raccolta per campagna pari a 5 milioni di euro, calcolati su un periodo di 12 mesi;
- agli investitori dovrà essere fornito un cosiddetto “key investment information sheet” (KIIS), preparato dall’emittente per ciascuna campagna di raccolta oppure dalla piattaforma, con una chiara informativa circa i rischi finanziari e i costi che potranno sopportare, inclusi i rischi di insolvenza e i criteri di selezione dei progetti;
- le piattaforme dovranno pubblicare annualmente il tasso di default riscontrato nel triennio precedente, suddividendolo per categoria di rischio;
- la piattaforma dovrà predisporre un meccanismo di simulazione che consenta di verificare la capacità dell’investitore “non sofisticato” (secondo la definizione contenuta nell’Allegato II) di sostenere perdite;
- è previsto che il consumatore/investitore abbia diritto di recesso entro 4 giorni dall’acquisto;
- è previsto un Registro pubblico di tutte le piattaforme abilitate, con indicazione dei Paesi in cui possono operare;
- la piattaforma è ritenuta responsabile quando emergano eventuali carenze, sotto il profilo della completezza, correttezza e chiarezza delle informazioni fornite dall’emittente. Sono previste sanzioni piuttosto significative;
- deve essere previsto un meccanismo di reclamo per gli investitori, da presentare tramite le piattaforme e/o all’autorità competente.
In ogni caso, le nuove piattaforme di crowdfunding dovranno essere autorizzate dalle autorità nazionali competenti dello Stato Membro in cui la piattaforma ha la propria sede e, attraverso un processo di notifica, la stessa piattaforma potrà essere autorizzata a erogare i suoi servizi anche in altri Paesi Membri.
La vigilanza del sistema creato dal Regolamento UE è affidata alle autorità antitrust nazionali, unitamente alla European Securities and Markets Authority (ESMA) che svolgerà il compito di “facilitatore e coordinatore” per la collaborazione tra Stati Membri.
Il Regolamento sarà effettivamente applicabile all’interno della UE dal 10 novembre 2021 e spero che costituisca uno strumento efficace per incrementare i tassi di crescita di questa tipologia di investimento, che è davvero molto interessante.